Barilla e Ferrero, due gruppi internazionali nati nella terra dei sapori, l'Italia, che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe immaginato si sarebbero potuti sfidare in patria a colpi di creme, biscotti e brioche.

Nel 1964 Michele Ferrero creò la Nutella e rivoluzionò il mercato italiano (e mondiale) degli snack. Fino allora, scrive Mf-Milano Finanza, a plasmarne l'immaginario collettivo, a egemonizzare il mercato dei biscotti (e della prima colazione) era Barilla, consolidando la propria posizione nel 1983, con il lancio dei Pan di Stelle. Per certi versi Barilla e Ferrero sono sempre stati considerati complementari nelle colazioni italiane: chi non ha mai mangiato almeno una volta le Gocciole o i Pan di Stelle con la Nutella? Chi non ha mai spalmato un po' della crema di Alba su una fetta biscottata della Mulino Bianco? Un equilibrio quasi perfetto. Nessuna invasione di campo, solo fair play. Fino al 2018, quando Barilla ha deciso ufficialmente di rompere quel silente patto di non belligeranza con il lancio della crema Pan di Stelle a base di sole nocciole italiane e cioccolato scelte, in un accordo siglato con Nutkao che per l'occasione aveva anche inaugurato il nuovo stabilimento di Govone, a pochi chilometri da Alba. La reazione non si è fatta attendere e quasi un anno dopo Ferrero ha deciso così di invadere il mercato della prima colazione con il lancio dei Nutella Biscuits, accompagnato da una campagna pubblicitaria senza precedenti.

Il successo è stato indiscutibile, come testimonia anche il mercato secondario che si era creato intorno ai biscotti quando, andati a ruba sugli scaffali dei supermercati, la confezione da 304 grammi era reperibile su Amazon o eBay alle cifre di 9-10 euro (2,99 euro di prezzo di vendita consigliato direttamente dal gruppo di Alba). Secondo i dati di Iri, compagnia che registra le vendite, sarebbero state vendute 5,9 milioni di confezioni solo nelle prime quattro settimane. Al posto di incassare il colpo, Barilla ha rilanciato un mese dopo con l'uscita dei Biscocrema Pan di Stelle, iniziando a cavalcare con maggiore forza anche la battaglia contro l'olio di palma che da qualche anno prima aveva iniziato ad arrecare qualche grattacapo al colosso di Alba.

Da quel 2018, insomma, la battaglia sembra essersi spostata quasi su tutte le categorie di prodotto dove prima esisteva un accordo non scritto di non belliegeranza.

Il tutto utilizzando il brand dove sono più forti. Che si possa ricondurre anche l'ultima operazione, la prima italiana, di Ferrero all'interno di questa guerra della colazione? Gli indizi sembrano esserci tutti, ma andiamo con ordine. Il 2 febbraio la società di Giovanni Ferrero ha comprato il gruppo campano Fresystem (assistito dall'advisor Vitale), azienda specializzata in frozen bakery, ovvero prodotti da forno surgelati, distribuiti anche con il marchio Cupiello. La società, che era in capo alla famiglia Simioli sin dal 1991, ha il suo core business nella produzione conto terzi per grandi gruppi: si pensi che un cornetto su quattro venduto in Italia viene dalla fabbrica Fresystem; si trovano negli Autogrill, nei caffè e nei ristoranti, sono quelli dei grandi marchi dell'alimentazione, da Unilever a Nestlé a Chef Express, fino anche a McDonald's. Per Ferrero produce dal 2021 i Nutella muffin che si trovano per esempio all'Autogrill e da McDonald's. Proprio da questa collaborazione sembra essere nata l'idea di acquisire il gruppo di Caivano (Napoli). Del resto, da tempo Ferrero sembra aver cambiato strategia: che si tratti del segmento chilled, frozen o ambient, il gruppo di Alba è passato dallo stringere solo delle partnership all'avere una propria rete distributiva.

Si pensi ad esempio ai gelati, con l'acquisizione nel 2019 dello stabilimento della spagnola Icfc che ha reso possibile, nell'aprile 2021, il lancio dei gelati a stecco Ferrero Rocher (nelle versioni Classic e Dark) e Raffaello e dei ghiaccioli (Estathé Ice al limone e alla pesca). Piccola parentesi: anche Barilla ha lanciato i suoi gelati Ringo, Pan di Stelle e Baiocchi ma tramite una partnership con Algida (gruppo Unilever). Tanto il gruppo di Giovanni Ferrero quanto quello di Guido Barilla stanno adoperando degli stretch di prodotto (impensabili fino a qualche decennio fa) che consentono di esaltare ancora di più il brand.

Ritornando alla guerra delle colazioni in atto tra il colosso di Alba e quello di Parma, un altro indizio arriva guardando i segmenti di riferimento. Solitamente la guerra si dovrebbe avere su canali di vendita simili, ma in questo caso non sono solo differenti (Barilla gdo, Fresystem per ora no) ma sono in netta antitesi culturale. Si tratta di far scegliere tra la colazione al bar e la colazione a casa. L'operazione con Fresystem, come affermato dal gruppo della Nutella, «rientra nell'ambito del percorso di crescita strategico di Ferrero nel mercato allargato del fuoripasto dolce e si colloca in un segmento ad alto potenziale». Ma soprattutto sembra puntare direttamente al mercato delle colazioni al bar, che di fatto rappresenta un'integrazione dell'offerta di prodotti dolci che fin qui riguardava solo la colazione a casa. E offre proprio l'alternativa alla colazione a casa dominata da Mulino Bianco, creando ovviamente forti occasioni considerando che quello dei prodotti da forno surgelati è un mercato che vale oltre 500 milioni, tra bar e grandi catene.

La battaglia, almeno finora, non sembra aver fatto feriti. Né tra i consumatori, che anzi stanno beneficiando di nuove soluzioni che possano soddisfarli, né tra le aziende. In qualsiasi supermercato Barilla e Ferrero sono sempre lì, in bella mostra a dimostrare la potenza dei loro marchi, delle loro aziende che nel creare nuovi modi di consumo non hanno intaccato i reciproci brand quanto fagocitato quote di mercato dei più piccoli. Perché al di là delle strategie, al di là delle idee, la storia di Ferrero e di Barilla è la storia di due famiglie che hanno fatto la storia dell'imprenditoria italiana creando prodotti riconosciuti a livello universale. Due giganti, dalle dimensioni colossali: circa 13 miliardi di ricavi (per un miliardo di utili) e quasi 40 mila dipendenti per Ferrero; circa 4 miliardi di ricavi (un utile di 229 milioni) e oltre 8.700 dipendenti per Barilla. È la storia di due imprese accomunate da un substrato comune nella cultura gastronomica, perché sia Alba sia Parma sono state nominate Città creative Unesco della Gastronomia. Ma si sa, specie negli affari, non sempre chi si assomiglia si piglia

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