ROMA (MF-NW)--A inizio ottobre i capi di Vivendi hanno incontrato i vertici del governo italiano. Di cosa abbiano parlato non è chiaro, se l'esito sono le azioni legali. Forse, l'incontro sarà almeno servito per togliere ai francesi un alibi in più, la mancata cortesia istituzionale, per giustificare il ricorso ai tribunali, finalizzato a ridurre la perdita miliardaria che l'avventura Telecom è costata, a loro come ad altri. Anche Vincent Bollorè, del resto, dovrà giustificarsi in qualche modo di fronte ai suoi soci di minoranza. Ma la responsabilità è di Vivendi e le armi legali a disposizione sembrano spuntate.

Per alcuni anni il gruppo francese ha contribuito attivamente alle decisioni di Telecom; chi ha memoria ricorderà anche il tentativo di vendere a Telecom, a prezzi esorbitanti, i propri contenuti media, con un conflitto di interessi tra parti correlate ben più evidente di quello adombrato oggi. Quando il management di Tim si è opposto, difendendo gli interessi aziendali, sono iniziati i contrasti, il non gradimento delle persone (dalla girandola dei ceo al presidente attuale, Salvatore Rossi, la cui storia di serietà e indipendenza in Banca d'Italia parla da sola), sino al ritiro dal cda di Telecom degli esponenti diretti di Vivendi.

Anche la storia di indubbio successo del finanziere-imprenditore Vincent Bollorè dice qualcosa: probabilmente avrebbe voluto gestire lui uno spezzatino, guadagnando e tenendosi qualche pezzo pregiato. Fallita la scalata mascherata, essendo in perdita e, soprattutto, rischiando, su pressione Consob, di dover consolidare i debiti di Telecom, Vivendi non è salita sull'Aventino, ma ha iniziato una strategia di trincea. Già, i debiti, perché Telecom, tra i propri stakeholder, non ha solo azionisti con interessi diversi, ma altri importanti portatori di interessi. Lo Stato italiano, per la strategicità della rete; i dipendenti, forse troppi ma pur sempre da tutelare anche da parte pubblica; infine, lo stakeholder principale, per entità delle cifre e giuridicamente antergato rispetto ai soci: i finanziatori/obbligazionisti, che pesano oltre 20 miliardi, quatto o cinque volte gli azionisti.

Un consiglio di amministratori seri, quali sono quelli di Telecom, non poteva non accettare la proposta di acquisto della rete da parte di Kkr, che concilia l'interesse della maggior parte degli stakeholder, per numero e valori in gioco. E un collegio sindacale altrettanto scrupoloso, presente alle sedute consiliari, non può che avere valutato positivamente la decisione. Il tutto, a maggior ragione, dopo aver già sprecato molto tempo, un fattore prezioso visto il rating non più eccelso di Telecom e il costo del suo debito. L'offerta di Kkr non sarà l'optimum, ma l'ottimo è nemico del bene; e nessuno, a oggi (ma nemmeno ieri con tassi d'interesse più bassi), ha mai offerto concretamente di più. Se Vivendi è così certa che la rete valga 30 miliardi e non 20, nessuno le impediva di metterne 15 sul piatto per il 51% o di trovare partner per il resto; altrimenti le chiacchiere stanno a zero. Quanto alla solidità di offerenti dell'ultimo minuto, glissons.

La decisione del cda di Telecom, approfondita e ponderata, mette in sicurezza la finanza e buona parte dei dipendenti, presidia la rete e, con meno debiti, può almeno far sperare in una nuova stagione d'investimenti e crescita. Forse che per gli azionisti sarebbe stato meglio continuare a pagare interessi altissimi su una leva finanziaria tirata o avere scioperi su lavoro e uno stato ostile, invece che propenso a qualche concessione normativa e tariffaria? Vivendi la vede diversamente, perché è in perdita, avendo rastrellato azioni Telecom a prezzi alti? Comprensibile, ma è un problema del singolo azionista, non dell'azienda. Non c'è dubbio che ci saranno schermaglie legali. Vivendi ha già ingaggiato un ex commissario Consob, ritenuto tra gli ispiratori proprio delle norme sulle parti correlate, che si porteranno tra le prove di presunte illegalità. Anche il cda ha chiesto pareri di altrettanto esperti e ben pagati consulenti. Ci sarà una sfilata di grandi luminari, a sfidarsi in punta di diritto e di parcelle milionarie. Ma la sostanza è che, nella scelta di fondo, in un'ottica di breve periodo, per evitare rischi seri e in chiave strategica, il cda ha fatto l'interesse dell'azienda e di tutti i suoi stakeholder.

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